28 Dicembre 2013
Forse nessuno avrebbe mai pensato che anche a Castelfidardo, da sempre importante polo industriale della zona sud, sorgesse prima o poi la necessità di far nascere una mensa della “solidarietà”. Per decenni questa città ha rappresentato per tutti il simbolo del benessere e della ricchezza con una popolazione che cresceva, fino a poco tempo fa, al ritmo di trecento abitanti l’anno. Dopo il recente censimento siamo a quota 18.884 residenti (rispetto ai 17.600 del 2003) con la presenza di 1517 stranieri. Siamo stati la città italiana con il maggior numero di Ferrari pro capite. Non a caso esisteva una “Via dei dollari” per ricordare la ricchezza legata alla produzione mondiale della fisarmonica. E si viveva a disoccupazione zero. Erano anzi d’aiuto quegli stranieri che per necessità venivano in zona a coprire quei lavori “poveri” che nessuno voleva fare. Quasi una favola, che però non sembra volgere al lieto fine. Oggi la crisi snervante che attanaglia da un lustro l’intera nazione ha logicamente riverberato i suoi riflessi negativi anche qua.
Ne so qualcosa, come i colleghi della zona, ricevendo settimanalmente decine di cittadini in forte difficoltà. Non più solo extracomunitari, come accadeva nel primo periodo nero, ma anche molti locali. Non considerando poi quanti non saliranno mai le scale del Comune, feriti nell’orgoglio e in difficoltà anche nel garantire alla famiglia le cose più semplici. Come un pasto ai figli.
Ecco perché un anno fa, prendendo lo spunto da questa situazione di sofferenza, ho chiesto agli assessori Memè e Angelelli, di mettersi al lavoro per realizzare una mensa sul modello già sperimentato ad Ancona. Una mensa che da subito ho preferito etichettare della “solidarietà” e non per i poveri, per non oltraggiare ulteriormente quanti già a testa bassa, per la loro situazione precaria, vi dovranno attingere.
Questo è il nuovo scenario di Castelfidardo, che ogni giorno conta a malincuore negozi che abbassano la saracinesca (43 fino a settembre da recenti dati Confartigianato, rispetto – un dato che finalmente volge al positivo! – ai 49 che hanno aperto, dopo lo zero sconfortante dello scorso anno) e numerose ditte che chiudono i battenti riversando a catena altre decine di operai a gonfiare le ampie fila di chi attinge alla cassa integrazione ed ai molti in mobilità. Per non dimenticare chi non ha più neppure un paracadute sociale e si dispera.
A questi cittadini in difficoltà il Comune offre, lo sappiamo, spesso palliativi, con aiuti a spot mai risolutivi. Ma oggi gli enti locali, anche virtuosi come nel nostro caso, sono lasciati spesso a se stessi. Con bilanci sempre più stretti e file di cittadini in difficoltà con numeri sempre più grandi.
Sappiamo benissimo che non possono bastare gli interventi che ogni anno pur fra mille difficoltà mettiamo in piedi. Siamo stati anni fa il primo Comune della Regione ad introdurre i voucher, forma più delicata di aiuto con un impegno lavorativo (quest’anno per 22 mila euro). Ci sono poi finanziamenti per il sostegno al reddito (18 mila) per chi ha perso il lavoro, aiuti per la Tares (30 mila), 20 mila euro per i sussidi agli indigenti e 8 mila euro che abbiamo dato alla Caritas per aiutare chi è in difficoltà a pagare le normali utenze domestiche. Tutte cifre messe autonomamente dal Comune, che si sommano ad altri importi, sempre più tagliati, che stanzia la Regione.
Questo è il nuovo quadro in cui ci si muove negli ultimi anni. Con cittadini sempre più claudicanti e Comuni sempre più in affanno. In questo contesto mi è sembrato doveroso far arrivare a chi si trova ancora in mezzo al guado delle difficoltà, un messaggio di vicinanza. E questa mensa della solidarietà gestita dalla Caritas vuole rappresentare proprio questo. Come dire: noi ci siamo. Noi non vi lasceremo soli affinché il cuore pulsante di Castelfidardo non si divida definitivamente in due. Chi ha troppo e chi non ha nulla!
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