13 Dicembre 2017
E` una delle proposte più originali del palinsesto di “Natalfidardo”, quella che si immerge forse più a fondo nella dimensione spirituale della festa scandagliando la realtà, l`attualità e l`anima attraverso la vita di un giovane borghese convertitosi e divenuto Santo, nei cui tormenti si possono riconoscere paure, interrogativi, aneliti quotidiani di ogni uomo.
Domenica alle 17 in Auditorium San Francesco va in scena “Francesco Polvere di Dio“, rappresentazione teatrale di e con Riccardo Tordoni. Le prevendite (posto unico 5 €) sono in corso presso l`ufficio turistico Pro Loco in piazza della Repubblica, ma i biglietti saranno disponibili anche all`ingresso il giorno stesso. L`evento viene preceduto sabato alle 17 al circolo Boccascena di via Montebello, dall`incontro con l`autore che presenta il libro da cui l`opera è tratta.
Così Riccardo Tordoni descrive il suo approccio alla figura del Santo, frutto di una appassionata ricerca storiografica, da cui scaturisce una lettura inedita e in continuo divenire, in cui egli stesso funge da tramite fra la vita di Francesco e quella dello spettatore spronando all`impegno, alla trasformazione e alla scoperta. Parte fondamentale della narrazione è la musica, che in ogni versione dello spettacolo ha nel chitarrista Paolo Ceccarelli l`elemento fisso.
“Per me raccontare la storia di Francesco significa, sostanzialmente, metterla in relazione con la mia vita e, in questo processo, sperare che entri in relazione anche con la vita di altre persone. Quindi si può dire – in una sorta di gioco di parole – che io non racconti tanto la storia di Francesco quanto la storia della mia relazione con la sua storia.
Per fare questo tento di guardare la vita di Francesco più esattamente possibile e lo strumento che utilizzo per farlo è il presente. Il presente che è anche fondamento stesso del teatro. Guardare la storia di Francesco al presente comporta un paio di “operazioni”.
La prima consiste nel fare il continuo sforzo, durante il racconto, di “dimenticare” ciò che lui diventerà. Ovvero di guardarlo mentre attraversa le vicende della sua vita avendo ben in mente che lui non sapeva che sarebbe diventato Santo né che avrebbe fondato un ordine.
Questo, ovviamente, restituisce profondità, direi “tridimensionalità”, alla sua storia.
La seconda consiste nel non avere a disposizione un testo fisso e imparato a memoria.
Quello che faccio è seguire un canovaccio. Questo mi consente di stare sempre all’erta, di poter intervenire costantemente e al presente su ciò che racconto, di scoprire aspetti nuovi nell’atto stesso del racconto. Lo studio continuo delle Fonti Francescane, delle infinite biografie, i continui incontri con persone che cercano di conoscere Francesco o di viverlo attraverso la propria esistenza, ovvero il momento del “ritiro”, è così accompagnato dal momento comunitario, ovvero il rituale del teatro. Sicché posso dire che lo spettacolo è in continua costruzione all’interno di questi due poli: il ritiro e la missione. Entrambi sono fondamentali e imprescindibili per raccontare questa storia. C’è il momento in cui mi raccolgo e “vedo” delle cose di Francesco e il momento in cui scopro io stesso, immerso in una comunità momentanea qual è quella che si forma durante la rappresentazione, cose che da solo non potrei “vedere”. Lo storia di Francesco è raccontata da me per quanto riguarda la parola detta e letta, e da musicisti e cantanti che cambiano e si susseguono nelle varie tappe e versioni del lavoro. L’unico musicista che, al di là delle varie versioni, è sempre presente allo spettacolo è Paolo Ceccarelli, un chitarrista che esegue brani da lui appositamente composti.
La presenza della musica, lungi dall’essere mero accompagnamento, è parte fondamentale e fondante della narrazione stessa”. (Gabriele Riccardo Tordoni)
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