Michele Gabbanelli
(talking)
Davide Bugari
(reading)
David Raponi
(visuals)
Planetanon
(music)
Questo libro, qualunque cosa esso sia (concept-book? romanzo a tesi? tragicommedia umana?), ribadisce il dilemma che alla figura del padre è ovunque e da sempre sotteso. Ettore torna dalla battaglia e, dimenticate le armi indosso, spaventa il figlio: c’è già nei versi di Omero l’inadeguatezza di ogni uomo al ruolo di padre. Un ruolo che lo vuole spietato vincitore all’esterno, ma tenero e “pio” in casa. Chi è capace, oggi come allora, di calarvisi e innaturalmente vivere sull’equilibrio di un paradosso? Ecco dunque che l’uomo si fa maschio “empio” (Achille) o cede all’arrendevolezza delle mura domestiche (Paride): si spoglia in ogni caso del proprio ruolo sociale, scaraventando la prole in una spirale di Eterni Ritorni. Prima che orfani di un padre morto perciò, sono oggetto di un’istintiva rinuncia i personaggi che, di un’umanità trasversale, popolano il libro. E scardinando cliché abusati, testimoniano di come proprio la fame di padre allontani chi a soddisfare quella fame è chiamato, e non viceversa. Di chi è figlio quindi, di chi lo è stato e di chi lo sarà questo libro racconta. Di chi, senza padre, se lo è dovuto dare. E di chi, di là dello specchio, fa cenno d’assenso ma poi ritira la mano. Perché se “il Figlio e il Padre sono una cosa sola”, è pur vero che “il genere umano non può sopportare troppa realtà…”
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