Fu lo «tcheng» ad utilizzare per primo l’ancia libera, principio sul quale si basa anche la fisarmonica, che sfrutta l’ancia oscillante e sonora (una linguetta di metallo speciale che vibra e sonorizza), per flusso d’aria fornito dal «cuore» dello strumento: il mantice.
La concertina del Wheatstone e l’accordeon del Demian attrassero subito la curiosità e l’interesse popolare ma, soprattutto, l’interesse di quei preziosi e strani tipi d’uomini che non si sa come definire se non come «introduttori di dita su ogni scatola chiusa per derimerne i misteri e fame poi cosa migliore», per cui si arguisce che i due strumenti, certamente capitati in mano a costoro, furono oggetto di incogniti rimaneggiamenti e di qui la radice di diverse versioni: nel 1837 Mathieu Isoard sopprime le terze e le quinte che accompagnavano ogni voce; nel 1840 appaiono i primi rudimentali organetti in Russia; nel 1850 il Bonacina costruisce il «Mantesin».
Ma il fondamentale rimaneggiamento doveva avvenire proprio in Italia per una di quelle fatalità che danno luogo, quando vanno bene, a dei veri e propri miracoli.
Nella prima metà dell’800 l’Italia era una entità geografica e politica smembrata in tanti piccoli stati, a differenza di altri paesi europei che avevano già raggiunto una solida unità territoriale e politica.
Proprio in questo periodo si hanno notizie certe sullo strumento musicale “fisarmonica” e l’Italia, nonostante i vari moti insurrezionali, era sotto il dominio dei Borboni in Sicilia e nel Napoletano, il Piemonte era governato dai Savoia, regnanti di stirpe francese, il Lombardo Veneto era sotto il dominio degli austriaci e quasi tutta l’Italia centrale, con lo Stato Pontificio, sotto la dominazione temporale del Papa, il quale si avvaleva della protezione militare proprio delle due grandi potenze continentali, cioè della Francia e dell’Austria.
Questo per dimostrare che, nonostante il popolo italiano affondasse le sue radici in un unico humus culturale, i suoi usi e la sua cultura fossero influenzati nei vari luoghi da coloro che esercitavano in quel periodo il potere politico.
E fu proprio il territorio delle Marche e Castelfidardo in particolare, la culla che vide nascere subito dopo l’annessione i primi “organetti” o fisarmoniche, uno strumento d’altra parte conosciuto da qualcuno attraverso le truppe francesi al servizio dello Stato pontificio e poi perfezionato ed adattato ai gusti etno-musicali.
Anche l’altro polo della produzione della fisarmonica italiana, cioè la città di Stradella, venne creato dal “trentino” Dallapè, che a sua volta forse ben conosceva gli strumenti popolari dell’Austria ed in particolare l’accordeon che era stato brevettato dal Demian.
C’è anche da aggiungere che le popolazioni italiane, finalmente uscite da una confusione storico-politica subita per secoli, avessero bisogno di “evadere” da un rimo di vita piatto e senza stimoli per far sgorgare finalmente il senso gioioso della vita. Quale migliore aiuto a questa evasione dal suono festoso, semplice e spensierato emesso da un piccolo strumento, facile da usare, non ingombrante e quindi facilmente trasportabile capace anche di fare da contraltare alla musica colta e “costosa” d’èlite?
Forse l’intuizione del contadino Paolo Soprani è nata proprio dalla fedele lettura dei tempi. Certo, gli organetti costruiti dai vari Giacomo Alunni di Nocera Umbra (1850) o dal recanatese Giovanni Cingolani (1856) o dal triestino Lorenzo Ploner (1862) sono passati alla storia solo come dati statistici e non come fatto economico di rilevanza nazionale. Il Soprani nel 1863 con intuito e lungimiranza ha effettivamente stravolto il modus vivendi una parte del territorio marchigiano “inventando” dal nulla una industria che in breve tempo avrebbe sovvertito la realtà economica prettamente agricola in una economia aperta al mondo.
Negli stessi anni si svilupparono altri due poli di produzione, a Stradella in Lombardia ed a Vercelli in Piemonte. Poli importantissimi soprattutto per il contributo essenziale dato alla trasformazione dello strumento.
Mariano Dallapè, che, come dicevo era di origini trentine, iniziò la sua attività a Stradella nel 1876 ed in breve tempo perfezionò l’accordeon a piano inventata da Buton a Parigi nel 1852. La popolarità ed il successo della fisarmonica in Italia dovrebbero essere stati in quel periodo semplicemente clamorosi tanto da indurre il M° Giuseppe Verdi, che nel 1871 presiedeva la Commissione Ministeriale per la riforma dei Conservatori ,a proporre lo studio dello strumento nei Conservatori Italiani. Accennavo poco fa alla trasformazione ed alle innovazioni apportate in questo periodo alla fisarmonica: Mattia Berardi prima e la famiglia Ranco a Vercelli perfezionarono la fisa “cromatica”, l’artigiano Rosario Spadaro di Catania depositò nel 1890 un brevetto di “fisa a bassi sciolti”, Pasquale Ficosecco a Loreto e successivamente nel laboratorio di Castelfidardo gettò le basi per gli strumenti a “cassotto”. Come a Stradella dove alcuni operai dell'”armonichista” Dallapè una volta certi di aver appreso perfettamente il mestiere lasciarono l’azienda per mettersi in proprio (Ercole Maga, Massoni Renato) così a Castelfidardo alcuni operai fecero la stessa cosa (Busilacchio Giacomo Antonio, Dari Dario, Francesco Serenelli).
La maggior parte della produzione viene collocata senza dubbio nel territorio italiano in quanto dati statistici ufficiali sanciscono che nel 1907 solamente 690 esemplari vengono esportati . Perché allora nel 1913 c’è un enorme balzo nell’export? (ben 14365 strumenti usciti dal territorio italiano).
La ragione fondamentale sta nel ruolo determinante giocato dalla emigrazione di valentissimi artigiani, operai e musicisti che con il loro oscuro lavoro son riusciti ad imporre il prodotto, qualitativamente ed esteticamente migliore nei confronti della concorrenza tedesca, russa, cecoslovacca e francese in importantissimi mercati quali gli Stati Uniti, Canada e sud America.
Americo Magliani, Enrico Guerrini, Pasquale Piatanesi, Francesco Serenelli, Adriano Picchietti, Paolo Guerrini ed altri tra il 1899 e il 1905 sono stati i primi coraggiosissimi pionieri di Castelfidardo a conquistare i mercati d’oltre oceano. Alcuni di loro Enrico Guerrini e Colombo Piatanesi (a San Francisco), Egisto Pancotti (a New York) aprirono addirittura dei veri e propri opifici di produzione sostituendo la precedente bottega adibita alla riparazione degli strumenti.
I nostri emigrati non solo importavano e distribuivano i “marchi” prodotti a Castelfidardo ma ebbero l’intuizione di aprire scuole di fisarmonica ingaggiando valenti insegnanti e musicisti (i fratelli Deiro, Pietro Frosoni, Biaggio Quattrociocche ecc.) Fidardensi di grande esperienza emigrarono anche in paesi Europei; un esempio per tutti Nazzareno Piermaria che nel 1922 aprì un laboratorio in rue de Charenton a Parigi ed ancora oggi gli eredi sono legatissimi alla città di origine.
Un primo campanello d’allarme all’inarrestabile crescita dell’industria della fisarmonica si ebbe nel 1929 quando il crollo della borsa statunitense coinvolse il nostro settore .Dai ventiseimila esemplari esportati nel 1926 si passò ai diciasettemila del 1932 con gravi conseguenze sulla occupazione.
Fu il regime autarchico del periodo fascista a dare una mano alla rinascita dell’industria. Si propagandò lo strumento come “inventato” in Italia, “vanto della nostra laboriosità e delizia del nostro popolo” (rivista “Varietas” Rassegna Nazionale dell’Autarchia 1941) e proprio nel ’41, Benito Mussolini stabilì che un lotto di 1000 fisarmoniche venissero assegnate ai vari reparti di truppe impegnate nel 2° conflitto mondiale. “In obbedienza alle direttive corporative del Regime, nell’anno 1937 è sorto con sede ad Ancona il Consorzio Italiano fra i fabbricanti di fisarmoniche e Parti staccate”. La presidenza venne affidata ad una figura carismatica di allora, Angelo Manaresi, più volte deputato al parlamento, sottosegretario di stato e presidente del Club Alpino Italiano, mentre alla vice presidenza fu nominato Paolo Soprani (nipote del pioniere della fisarmonica).
Purtroppo l’immane conflitto bellico (1940/1945) produsse, come era prevedibile, effetti devastanti nella produzione della fisarmonica. Dai 51000 pezzi prodotti nel 1938 si passa ai 10077 del 1941 ai poco più di 500 nel 1944.
L’armistizio e la fine della guerra fanno rinascere nella gente nuove speranze e soprattutto la gioia di vivere. Riprende anche il gusto dello stare insieme e dello svago. Solo a Castelfidardo tra il 1946 e 1948 nascono ben 19 aziende per la produzione della fisarmonica. L’esportazione passa dai 57523 pezzi del 1947 ai 192058 del 1953. E’ il periodo del boom della fisarmonica. La cittadina marchigiana che conta in quel periodo circa 9000 abitanti dà lavoro,solo nelle fisarmoniche,a circa 10000 operai provenienti soprattutto dai centri limitrofi di Loreto, Osimo, Recanati. E’ tempo anche di grandi fusioni. La gloriosa Settimio Soprani si unisce alla F.lli Scandalli di Camerano per creare il colosso “Farfisa”, la Excelsior di New York apre uno stabilimento di produzione a Castelfidardo. I nuovi imprenditori, in considerazione del fatto che la maggior parte del prodotto viene venduto negli Stati Uniti ( è bene ricordare che quasi tutte le fisarmoniche sono costruite con il sistema a “piano”), hanno registrato le loro aziende con nomi attinti dalle grandi case cinematografiche americane o da prestigiose sale cinematografiche (Paramount Accordions-Universal Accordions-Artisti Associati-Metropolitan-MGM-Iris-Minerva-Astra). Una via di Castelfidardo (oggi Marconi) viene chiamata “via dei dollari” perchè in quella strada hanno costruito le loro abitazioni gli industrali più in vista di allora.
E’ inevitabile che le nuove tecnologie coinvolgano il nostro strumento. Nel 1962 una equipe tecnica della Farfisa guidata da Gianfelice Fugazza,con la collaborazione musicale di Gervasio Marcosignori, introduce i primi transistors nella fisarmonica. Nasce il “Cordovox”, uno strumento dalle infinite possibilità che può benissimo inserirsi nella moda musicale degli anni ’60. Forse per affrontare questi tempi occorrevano strategie diverse da parte di molti addetti ai lavori (imprenditori ancora una volta divisi, mancanza di punti di riferimento artistici con musicisti che si sono dedicati più alla dimostrazione dello strumento che non a creare “cultura”, scarso peso dato all’avvento del mezzo televisivo quale veicolo di immagine e di propaganda, scuole di fisarmonica ancorate a vecchi schemi ecc.) ma, sono certo, mantenersi per quasi 80 anni sulla cresta dell’onda era impensabile.
Oggi, grazie ad un recupero culturale operato da molti (ingresso dello strumento in alcuni Conservatori Italiani, realizzazione di fisarmoniche sullo stile Bajan che alcuni operatori producono con grande maestria, con una maggiore attenzione alla letteratura musicale, con l’abbandono dell’idea che la fisa non è “strumento solista”, con nuovi punti di riferimento artistici- Richard Galliano e Marc Perrone in Francia, Gianni Coscia in Italia, Peter Soave in Usa e tanti altri) ci siamo creati una nicchia anche commerciale che dobbiamo tentare di valorizzare al massimo. Le trenta aziende che operano attualmente in Castelfidardo e le altrettante del resto del territorio italiano avranno un futuro se riusciranno, come fece Paolo Soprani nel 1863, a leggere attentamente i tempi che stiamo vivendo.
Beniamino Bugiolacchi
Direttore Museo Int.le della Fisarmonica di Castelfidardo
Comune di Castelfidardo